Nasco a Corigliano Calabro (CS) nel 1950.
Leggo i tragici greci, la Divina commedia, le Mille e una notte, il Canto dell’impresa di Igor, Shakespeare, Beckett, Ionesco, Osborne, Goldoni, Eduardo de Filippo.
Leggo Prévert, Lorca, Ginsberg, Rilke, Montale, Sanguineti, Magrelli; e poi Baudelaire, Apollinaire, Alberti, Achmatova, Gozzano, Penna, Caproni, Kavafis, Hikmet, Saffo, Alceo, i poeti dell’antologia palatina, i poeti surrealisti francesi, e altri.
Leggo Dickens, Balzac, Hugo, Dostoevskij, Huysmans, Poe, Hoffmann, Kafka, Zweig, Pavese, Sartre, France, Martin Du Gard, Yourcenar.
Leggo I Ching, Platone, Freud, Marx e Bachelard.
Ascolto Giovanni Gabrieli, i polifonisti fiamminghi, Domenico Scarlatti, J.S.Bach, Purcell, le sinfonie di Haydn, Beethoven, Chopin, Liszt, i lieder di Schubert e di Wolf, Schumann, Debussy, Satie, Schönberg, Berg, Webern, Cage, Varèse, Nono, Maderna e Berio.
Ascolto le opere di Mozart, di Verdi, di Puccini, il Devin du village di Rousseau, la Carmen di Bizet, la Norma di Bellini con la Callas, il Freischütz di Weber, il Naso di Šostakovič, l’Elektra di Richard Strauss, l’Opera da tre soldi di Weill.
Ascolto Charlie Parker, John Coltrane, Ornette Coleman, Eric Dolphy, Archie Shepp, Billie Holiday, Elvis Presley, i Beatles, Jim Morrison e i Doors, i Velvet Underground, Jimi Hendrix, i Pere Ubu, Brian Eno, i Penguin Café Orchestra, i Devo, i Cure, Elvis Costello, gli U2, Patti Smith, Joni Mitchell, Meredith Monk e Laurie Anderson.
Ascolto e leggo Bob Dylan, Vladimir Vysotskij e Georges Brassens. Ascolto Petrolini, i Gufi, Fausto Amodei, Giovanna Marini, Giorgio Gaber e Lucio Battisti.
Ascolto
musiche e canti dei pigmei e dei popoli indigeni dell’Australia e
dell’Amazzonia.
Amo Bosch, Rubens, Rembrandt, Vermeer, Blake, Turner, Delacroix, Alma-Tadema, Moreau, Burne-Jones, Cremona, Fattori, Manet, Van Gogh, Gauguin, Klimt, Munch, il Picasso blu e rosa e quello cubista, Klee, Kandinski, Ernst, Casorati, Sironi, Pollock, Hopper, Johns, Bacon, Christo, e molti altri.
Mi entusiasmo per le incisioni di Dürer, di Doré, di Beardsley e di Klinger, per le scatole di Cornell, per gli edifici Art nouveau, per le sculture di Canova e di Rodin, per le foto di Helmut Newton e di Cartier-Bresson, per le interpretazioni di Georg Solti, per il Festival di Avignone, per i fados di Amalia Rodrigues, per le rappresentazioni del Teatro del Silencio.
Visito l’Europa e la Turchia, e m’innamoro di Parigi, di Copenhagen, di Venezia, di Monaco di Baviera, di Tallinn, di Helsinki, di San Pietroburgo, di Berlino, di Santiago de Compostela, e del Parco Vijgeland di Oslo, del Ponte Carlo di Praga, delle chiese di Vilnius, di quelle di Cracovia, della cattedrale di Anversa, del monastero rupestre di Šumela, della Biblioteca Nazionale di Vienna, dell’Alfie’s Market e delle fiere dei libri d’epoca di Londra, del teatro di Gustavo III nel Gripsholms Slott, dei fiordi e delle Stavkirker norvegesi, della Corsica, e dell’Irlanda tutta.
Provo a suonare il pianoforte, la chitarra e il sax tenore.
Imparo il francese e l’inglese; mi arrangio col tedesco; provo a imparare l’arabo; dimentico il russo.
Ho una vasta biblioteca di storie e tecniche d’arte e di storie e critica della musica.
Terminati gli studi universitari a Roma, dal 1975 vivo a Ferrara.
Ad oggi, mi piace scrivere soprattutto poesia, fare foto, tracciare schizzi di figure, dipingere acquerelli e collages e, di quando in quando, fabbricare cornici.
Dopo
anni di lavoro appartato, espongo per la prima volta a Torino nel marzo 2000.
Materiali prediletti: gli inchiostri di china neri, le carte per schizzi Ingres Vidalon della Canson, l’algacarta della Favini, gli acquerelli in godet e in tubetto Winsor & Newton, le colle Spray Mount 3M e Pritt Stick, le vecchie cornici di recupero e quelle in legno naturale del mio corniciaio di fiducia; inoltre, penne e matite, righe, forbici, fotocopiatrice, computer, scanner e stampante ink-jet a colori.
Il mio e-mail grg@unife.it
4 marzo 2003 mia figlia lucia a
quattro anni e mezzo, |
C'è
un forte parallelismo tra i miei atti di scrittura e quelli di pittura.
In
entrambi i casi ho in mano la stessa tavolozza (colori e parole
intercambiabili) dalla quale estraggo ciò che più aggrada alla mia corrente
disposizione d'animo. Poi gioco con le combinazioni e la composizione
cercando una rispondenza, fedele fino a un certo punto, tra il mio dentro
(pensieri + sensazioni + emozioni) e la cosa che prende vita fuori di
me, vera creatura, autonoma fino a un certo punto, sincera fino a
un certo punto.
La
rappresentazione è astrazione, operazione cartografica virtuale in cui strato
si sovrappone a strato. E' anche ambiguizzazione, ricerca voluta dell'analogia.
Il rifiuto del segno digitale è pressocché totale, coinvolgendo persino la
raffigurazione di quelle presenze antropomorfe (sguardi, espressioni,
gesti, escrescenze) che talora si smarriscono nei miei paesaggi.
Evento
+ astrazione d'anima = ES∙trazione.
Nel
discorso (ottica di lungo tragitto temporale) si possono individuare topoi,
stilemi, in realtà veri automatismi, il cui modificarsi appare nell'insieme
assai lento. Evoluzione di competenze manuali e mentali, turbata di quando in
quando da guizzi repentini di recupero di via, di novità, d'identità.
La
mia è pittura superficiale: lo spazio bidimensionale è luogo del
rappresentato, copia imperfetta di frammenti di guscio d'anima, e dell'atto
stesso della rappresentazione. E' pittura atonale, eco sempre di
un'unica, strutturalmente sfuggente sostanza.
Anche
la mia scrittura è superficiale e atonale.
Entrambe
sono forme dello sgomento e della sorpresa, facce di una medaglia destinata ad
affondare inesorabilmente in un magma tutto naturale.
Pittura
e scrittura minime, veloci, velatamente essenziali, fluide. In esse giocano
ruolo principe l'acqua e l'inchiostro, cui aggiungo, quando
voglio, a umido, pigmenti, polveri, sale, sapone e altro ancora a
generare impasti rigeneranti e grumi. Effettuo, quando voglio, spugnature
e colature a evidenziare vuoti; incollo carta su carta a ricucire lacerazioni e
richiamare ricordi.
Specchi
rigorosamente cartacei, regno della razionalità immaginante, la quale
permea tracce e macchie e ritmi, persino i nomi della sua stessa prole (quadri o
testi che siano).
Piuttosto
diversa la mia fotografia, ch'è tensione e ricerca (e occasione) di
poesia-pittura. Diversa q.b., cioè non troppo: viaggio verso, porta
attraverso, dormiveglia in balìa. Lì la manipolazione stilistica è
prima e durante, qui è durante e dopo. Laggiù
domina il collasso d'acqua benevolmente supportato, qui resiste il
supporto.
Il
mio Crono, abbandonando il fondo di se stesso, affiora comunque alle
intemperie della percezione, ed è vinto: ciò che rimane è il magma assai poco
palpabile di un ego logorroico, intreccio d'idee ambiguo nelle sue parti
e nel suo (finitissimo) tutto.